
LA CINA COSTRUISCE 158 KM DI AUTOSTRADA SENZA UN SOLO OPERAIO UMANO
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La notizia rimbalza dalle agenzie internazionali: sull’autostrada Pechino–Hong Kong–Macao sono stati completati 158 km di lavori usando esclusivamente macchinari autonomi, droni e robot guidati da intelligenza artificiale.
Un trionfo di tecnologia? Sì, ma con conseguenze che vale la pena sviscerare:
Disoccupazione tecnologica — Se le grandi opere vengono affidate alle macchine, quali sbocchi restano a centinaia di migliaia di lavoratori edili in un Paese che, negli ultimi vent’anni, ha già “ottimizzato” milioni di posti di lavoro con l’automazione industriale?
Monopolio dei dati e sorveglianza — Ogni bulldozer-bot e drone genera enormi quantità di dati su traffico, logistica, tempi di percorrenza. Chi li possiede detiene un nuovo potere strategico: prevedere flussi economici, controllare la mobilità delle persone, influenzare le catene di approvvigionamento.
Sovranità delle infrastrutture — Quando la progettazione, la manutenzione e perfino l’auto-riparazione sono lasciate a software proprietari, quale Stato (o corporation) avrà davvero il “bottone rosso” per fermare un’autostrada intelligente in caso di emergenza o conflitto geopolitico?
In altre parole, l’automazione totale non riguarda solo l’efficienza: ridisegna gli equilibri di potere tra lavoratori, governi e big tech. Applaudiamo la “pietra miliare”, ma non dimentichiamo che ogni chilometro senza manodopera è un mattone tolto al contratto sociale.
Automazione totale: progresso o preludio a un futuro distopico?
Chi controllerà queste infrastrutture? E chi resterà escluso quando perfino i lavori più concreti saranno affidati alle macchine?
Niccolò Verdolini
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