
2 GIUGNO 1992: LA SVENDITA DELL'ITALIA
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Mentre oggi, 2 giugno, le Frecce Tricolori solcano i cieli e frotte di cittadini festanti sventolano il tricolore senza porsi troppe domande, bisognerebbe fermarsi un momento a riflettere su un altro 2 giugno, ben più significativo per le sorti del nostro Paese.
Il 2 giugno 1992, infatti, a bordo del panfilo Britannia della famiglia reale inglese, si consumò uno degli episodi più emblematici della svendita dell’Italia all’alta finanza internazionale. Su quel ponte galleggiavano affaristi, banchieri, tecnocrati e politici italiani, impegnati a pianificare la privatizzazione massiccia di pezzi fondamentali dell’industria di Stato. Tra loro, una figura di spicco: l’allora governatore della Banca d’Italia, Mario Draghi, già protagonista del famigerato “divorzio” del 1981 tra Banca d’Italia e Ministero del Tesoro — una manovra che spezzò il legame tra politica monetaria e governo, aprendo la strada alla speculazione finanziaria sul debito pubblico.
Quel Draghi, che allora lavorava alacremente per spianare la strada agli interessi stranieri, anni dopo sarebbe stato ricompensato salendo ai vertici della Repubblica che aveva contribuito a svendere.
Cambiano i volti, cambiano le strategie, cambiano gli slogan. Ma la sostanza resta invariata: un copione scritto dai poteri forti, una farsa recitata sul palcoscenico della democrazia, con gli applausi distratti di un popolo troppo spesso inconsapevole.
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