LE RIVOLTE DEL '92 A LOS ANGELES E LO STORICO DISCORSO DI BUSH

LE RIVOLTE DEL '92 A LOS ANGELES E LO STORICO DISCORSO DI BUSH


È il 1° maggio del 1992 quando il presidente George H.W. Bush si presenta in diretta TV, annunciando una decisione sconvolgente per l’America moderna:

“Per ristabilire l’ordine, ci sono già 3.000 membri della Guardia Nazionale in servizio a Los Angeles e altri 2.200 pronti a intervenire immediatamente.”


Sono parole dure, pronunciate nel mezzo di uno dei momenti più cupi della recente storia americana: la città di Los Angeles è in fiamme dopo l’assoluzione di quattro agenti bianchi accusati del brutale pestaggio del giovane afroamericano Rodney King.
Un discorso censurato in diretta
Quello che pochi sanno è che Bush stava per dire molto di più: il suo discorso originale, modificato poco prima della messa in onda, prevedeva espliciti riferimenti alla “legge marziale” e all’eventuale “uso della forza letale” contro i cittadini americani. Alcuni network televisivi decisero autonomamente di censurare parti di quel discorso, ritenendole troppo esplosive, troppo rischiose per una nazione già sull'orlo del caos.
Era il sintomo evidente di un conflitto interno, silenzioso ma profondo, tra i media e il potere politico, anche nel cuore degli Stati Uniti.
Il “caso Rodney King”: una scintilla per l’incendio
La tragedia di Los Angeles inizia oltre un anno prima, il 3 marzo 1991. Rodney Glen King, afroamericano di 25 anni, viene fermato dopo un inseguimento per una semplice infrazione stradale. Una volta a terra, disarmato, viene selvaggiamente picchiato con manganelli da diversi agenti della polizia. Tutto viene ripreso dalla videocamera amatoriale di George Holliday. Quelle immagini, crude e scioccanti, fanno rapidamente il giro del mondo.
Ma non basta: nel processo del 1992, nonostante l'evidenza schiacciante, i quattro agenti vengono assolti da una giuria composta in prevalenza da bianchi. Questo verdetto scatena una violenza urbana senza precedenti: sei giorni di rivolte, oltre 60 morti, migliaia di feriti, incendi, saccheggi e distruzione totale.
Quell’assoluzione diventa il simbolo di un sistema giudiziario percepito come corrotto e ingiusto, impermeabile alle richieste di giustizia delle minoranze.
“Roof Koreans”: cittadini armati, lo Stato assente
Nel mezzo del caos, una delle immagini più iconiche fu quella dei cittadini coreani del quartiere Koreatown. Abbandonati dalle forze dell’ordine, decisero di prendere le armi e difendere autonomamente le proprie attività commerciali. Armati e schierati sui tetti dei negozi, questi “Roof Koreans” diventarono un simbolo di autodifesa civile e della drammatica assenza delle istituzioni.
12.000 arresti: tanta repressione, poca giustizia
Durante quei giorni di inferno, oltre 12.000 persone furono arrestate. Tuttavia, pochi finirono realmente sotto processo. Il sistema giudiziario, schiacciato dal peso degli eventi, preferì mandare “un segnale forte”, piuttosto che cercare una giustizia autentica.
Lo storico discorso di Bush, le censure dei media, le rivolte furiose e le milizie improvvisate: quel maggio del 1992 fu un momento cruciale che ancora oggi ci parla della fragilità della democrazia e dei conflitti irrisolti dell'America.

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