
SOS ISRAELE: CHIEDE AIUTO A TRUMP
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Perché Tel Aviv ha bisogno di Washington per sopravvivere
Il recente ordine del presidente degli Stati Uniti Donald Trump di inviare con "massima urgenza operativa" una seconda portaerei nel Mediterraneo orientale, in sostegno a Israele, rivela una situazione strategica critica. Una situazione che impone una riflessione approfondita sulla reale capacità militare dello Stato ebraico di affrontare da solo l'Iran.
Da tempo, la narrazione occidentale ha dipinto Israele come una forza militare tecnologicamente avanzata, capace di fronteggiare qualsiasi minaccia regionale con efficacia e rapidità. Tuttavia, le analisi militari oggettive mostrano che Tel Aviv è intrinsecamente dipendente dal sostegno logistico e strategico degli Stati Uniti.
Già nel corso degli attacchi del 2024 – precisamente il 19 aprile e il 26 ottobre – Israele aveva attaccato obiettivi iraniani senza però mai penetrare lo spazio aereo del nemico. Una prudenza dettata dalla consapevolezza, maturata dopo l’abbattimento di un F-16 israeliano da parte siriana nel 2018, che l’Iran possiede sistemi difensivi in grado di respingere con efficacia incursioni dirette.
Questa consapevolezza ha spinto Israele, nel corso degli ultimi 14 mesi, a intensificare la richiesta di armamenti e sistemi di difesa avanzati forniti dagli Stati Uniti. Non solo il celebre Iron Dome, ma anche il sistema THAAD, il sistema Arrow e la "Fionda di David", tutti schierati sul campo, ma tuttavia non sufficienti a intercettare con sicurezza i missili più avanzati dell’Iran.
Per l’Iran la situazione è differente. Teheran dispone di una capacità militare e missilistica autonoma e sofisticata, dimostrata dall’efficacia con cui riesce ad attraversare le difese israeliane. Eppure, proprio Teheran sta usando "il freno a mano tirato", ovvero agisce deliberatamente sotto le sue reali capacità offensive, per evitare un’escalation incontrollata che comporterebbe l’ingresso diretto degli USA nel conflitto. Questa strategia prudente è confermata dalle recenti dichiarazioni dell’amministrazione Trump e dal possibile uso da parte israeliana di armi nucleari, se messa alle strette.
Ma il nodo cruciale non è soltanto militare, bensì profondamente geopolitico e morale. La guerra Israele-Iran infatti è un conflitto indiretto fra Stati Uniti e Iran. Il sostegno americano a Israele si inserisce in un quadro strategico più ampio: eliminare una potenza regionale scomoda, l'Iran, per riaffermare il predominio statunitense nella regione, indebolendo così l’asse Pechino-Teheran-Mosca.
Alessandro Orsini, analista geopolitico, solleva dunque una domanda fondamentale che l’Occidente preferisce ignorare: secondo i principi morali delle democrazie liberali occidentali, quale parte dovrebbe sostenere l'Europa? Israele, il cui governo ammette apertamente di condurre politiche di sterminio contro civili palestinesi (dichiarazioni del ministro israeliano Smotrich e della parlamentare Waldiger sono di dominio pubblico), o l’Iran, che si oppone a tale massacro?
La questione, volutamente ignorata nel dibattito politico e mediatico occidentale, porta alla luce una scomoda realtà: l’Europa, e in particolare l’Italia, rimangono schiacciate in una posizione di subalternità culturale e politica, impossibilitate a prendere posizioni indipendenti e critiche, condannate da una narrativa imposta dall’esterno.
Infine, la decisione di Trump di rafforzare con urgenza la presenza militare americana intorno a Israele non deve essere letta come un semplice atto di sostegno a un alleato in difficoltà, bensì come un sintomo evidente della fragilità intrinseca dello Stato israeliano di fronte a un avversario potente e determinato come l'Iran.
Il dilemma etico e geopolitico posto da Orsini non solo rimane aperto, ma richiede urgentemente una riflessione consapevole e coraggiosa da parte delle opinioni pubbliche e delle élite europee.
L’intervento di Orsini si distingue per la capacità di offrire una lettura strategica alternativa rispetto al racconto dominante nei media occidentali. La tesi centrale – ovvero che Israele non possa affrontare militarmente l’Iran senza il pieno supporto degli Stati Uniti – è fondata su dati, precedenti storici e dinamiche militari concrete, non su ideologie.
In un momento in cui le opinioni si dividono in tifoserie e gli approfondimenti spariscono, è importante tornare ai fatti. Israele sta impiegando il massimo della propria forza bellica, mentre l’Iran sta rispondendo con moderazione tattica per evitare un’escalation su larga scala. Questo capovolge molte delle narrazioni attuali.
Il punto più rilevante, è proprio questo: la sproporzione non è tra le due potenze in campo, ma tra la realtà dei rapporti di forza e la rappresentazione che ne viene fatta nei circuiti dell’informazione italiana ed europea. L’analisi del professore solleva dunque domande scomode ma necessarie. Ed è tempo di ricominciare a farsele.